Fonte di Trevi

La Polizia Municipale di Roma a guardia di Fontana di Trevi

di Lidiano Balocchi

Alla Polizia Municipale di Roma il mandato a vigilare sulla Fontana di Trevi arriva dallo Statuto comunale del 1363. Al capitolo CXXVI del libro de extraordinariis detta:

Che i Marescalchi della curia del Campidoglio siano custodi ed abbiano cura delle acque della fonte di Trevi: 

Ancora affermiamo e ordiniamo che i Marescalchi della Curia del Campidoglio, che vi sono adesso e quelli che vi saranno in futuro, siano e debbano essere custodi della fonte dell’acqua di Trevi e che detti Marescalchi siano tenuti con personale giuramento nel periodo del loro incarico a ispezionare e che sia fatta ispezionare la condotta della detta fonte e acqua di Trevi […] e che in detta condotta, nessuno osi fare un’apertura o un buco né ottenere un pisciolino, onde possa attingere acqua da detta condotta o mediante le cannelle della fonte di Trevi.

1 – del medesimo

Ancora che nessuna persona lavi o faccia lavare nell’abbeveratoio delle bestie e alle cannelle fissate nella conduttura di Trevi, vale a dire: panni, filato e altra roba che imputridisce, sotto pena di .C. soldi di provisini per ogni volta. 

Roma nel periodo imperiale era la regina aquarum, perché era alimentata da 12 acquedotti, segno di alto livello di civiltà. Quello detto dell’aqua virgo era stato costruito da Agrippa nel 19 a. C.

La leggenda narra che una ragazza (la virgo) ne indicò la sorgente a dei soldati assetati in transito dalle parti di Salone, vicino Trebium, una località sulla via Tiburtina. L’acquedotto percorre 19 km sotto terra eccetto gli ultimi due. Questo gli limitò i danneggiamenti ed i tagli che dalla caduta dell’impero e, per tutto il medioevo, i ripetuti assalti dei conquistatori di Roma procurarono alle condotte d’approvvigionamento idrico della città. L’acqua Vergine era molto buona, ma non bastò a tenerne sempre efficiente la condotta, e pur se gli anni bui erano passati, i danni e le sue interruzioni non furono più riparati. Non se ne sentiva la necessità e non era nemmeno conveniente. Infatti il Tevere e le sue acque nell’uso comune e nel gusto avevano sostituito le altre. Quella del fiume era così elogiata che alcuni papi, quando si spostavano da Roma, avevano al loro seguito una scorta d’acqua del Tevere. Per il popolo era nato il mestiere degli acquaroli, persone che attingevano l’acqua dal Tevere e la portavano alle famiglie con due barlette a dorso del somaro.

Nel 1363, l’anno del primo Statuto del Comune di Roma, l’acquedotto di Trevi era in funzione, secondo quanto abbiamo citato sopra. I guai sopraggiunsero dopo e fino al 1556. In questo anno un medico fiorentino, tal Gio Battista Modio, pubblicò un opuscolo dal titolo Il Tevere, dove si ragiona in generale di tutte le acque, e in particolare di quella del fiume di Roma. Vi si faceva la storia della fine dell’Acqua Vergine, del sopravvenuto ed apprezzato uso delle acque del Tevere e se ne mettevano in evidenza i rischi igienici. Naturalmente quella critica scientifica contribuì a sfatare le credenze circa salubrità dell’acqua del fiume e riportare alla ragione tutti. Quindi non solo se ne sconsigliava l’uso domestico, ma si raccomandava il ripristino della buonissima Acqua Vergine. 

Nel 1561 il papa Pio IV, milanese, ratificò un contratto con Antonio Treviso di Lecce “…per condurre l’acqua Vergine detta di Salone in Roma alla fontana di Trejo per prezzo di ventimila ducati d’oro di Camera fra termino d’un anno…”. Alla morte del papa (1565) i lavori erano appena a metà! Finalmente “…Tornava tutta intera ed illibata a scaturire da quel severo prospetto della fontana di Trevi… di fronte agli assetati romani accorsi plaudenti in gran folla…. Era il mercoledì 16 agosto 1570”

Il condotto dell’acqua dunque arriva sul Pincio vicino Villa Medici. Scende ai piedi di Trinità dei Monti e sotto la Barcaccia di Piazza di Spagna si divide in altri condotti, uno dei quali, passando appunto per Via Condotti, termina alla mostra di Fontana di Trevi. 

In antico la mostra dell’Acqua Vergine si trovava in via Flaminia (via del Corso) all’altezza di Piazza S. Ignazio. Dopo il 1560 si pensò di farne una imponente nel nuovo sito e si bandirono i concorsi per la fabbrica delle tante fontane di Roma nei quali si distinse Giacomo della Porta. Solo il progetto per Fontana di Trevi, il suo come quello di tanti, non andò in porto. Con l’inizio del palazzo del Quirinale quale nuova residenza papale si prese a risanare l’edilizia e la viabilità intorno, fermandosi ancora di fronte al costo della mostra dell’Acqua Vergine. Così fu per il progetto del cav. Bernini (1640) e di altri. Nel 1730 Clemente XII, papa appena eletto, riprese con mano decisa il tema: con uno stanziamento di 17.647,71 scudi bandì un nuovo concorso, che fu vinto dall’arch. Nicola Salvi nel 1732. Comunque, prima che si ponesse fine all’ultima grande fontana di Roma, passarono ancora 13 anni di lavori a singhiozzo e tribolazioni d’ogni genere per l’architetto e la spesa lievitò a 176.000 scudi (pari a 8 milioni di euro)!

La mostra dell’acqua Vergine oggi più che mai attrae turisti e curiosi da tutto il mondo, ma la polizia municipale è ancora lì, fedele all’ordine di sorvegliarla.

D’Artagnan

Da quali danni deve essere salvaguardata oggi la “fonte di Trevi”?

La sua fama e bellezza l’hanno resa punto di ritrovo per i Romani e gli stranieri, punto appetibile per il commercio ambulante e abusivo, una scenografia architettonica spettacolare per soggetti cinematografici. Inoltre la “voce” che suggerisce al forestiero di gettare dentro la vasca una monetina, perché così avrà la possibilità di tornare a Roma, spinge tanti fannulloni a ripescare quei soldi buttati lì. Il Comune recentemente ha deciso di devolverle quelle monete, res nullius, alla Cri, autorizzandone la raccolta. Ciò nonostante non è finita la corsa alla “pesca”, che si tenta nei momenti di cambio della guardia, nei momenti di distrazione delle guardie, al mattino presto. La “guerra” tra guardie e pescatori dura da molti anni: arresti, processi, sentenze e condanne, titoli cubitali in cronaca… Roberto Cercelletta, detto Dartagnan, è un veterano che ha conosciuto ed è sopravvissuto a generazioni di vigili urbani rastrellando le monetine di Fontana di Trevi: la sua tattica sta nell’agire senza intaccare la suscettibilità delle guardie… Se le guardie lo scoprono, chiede scusa.

Insomma quello è il luogo ideale per le stravaganze di chi vuol farsi notare, ma pure per chi vuol svangare la giornata a ufo. 

Fonte di Trevi nel 2019 senz’acqua per restauri

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